Nato a Genova il 3 dicembre 1708, primogenito di Domenico e di Maria Maddalena Di Negro, Paolo Gerolamo non fu, come afferma il suo primo inedito biografo, tempra di grande studioso, fu invece ineguagliabile promotore e imprenditore culturale.
Passata la gioventù fuori Genova – aveva studiato prima al Collegio dei Nobili di Modena, poi a Roma -, ebbe modo di conoscere ambienti ed esperienze culturali diversi: dai metodi culturalpastorali del santo vescovo di Ginevra Francesco di Sales al duro lavoro svolto tra il popolo dai religiosi fondati da San Vincenzo de’ Paoli. Avrebbe desiderato aggregarsi a questi ultimi se motivi familiari non lo avessero richiamato in patria dopo la sua ordinazione sacerdotale, avvenuta in Roma nella Basilica Lateranense per le mani del cardinale Guadagni, allora vi cario del papa.
Tornato a Genova, trovò una situazione poco attenta alle istanze culturali. E così i palazzi di sua proprietà – quello di residenza in piazza del Serriglio, quello ora Salvago in via Garibaldi, quello di villeggiatura in Albaro – divennero luogo di incontro e di proposte e iniziative culturali le più disparate: dalle prime scuole gratuite per il popolo, divise per categorie di lavoratori (facchini, barcaioli, artigiani, donne di casa, fanciulli, postiglioni, addirittura mendicanti) e distribuite nei vari rioni della città e dei sobborghi, alle prime scuole serali, alle scuole che oggi chiameremmo di specializzazione (corsi per gli studenti di medicina e chirurgia presso l’ospedale di Pammatone, corsi serali di aritmetica e mercatura per i commercianti, corsi di lingue antiche e moderne).
Novità curiosa è che l’abate Franzoni non soltanto fu attento alle più moderne innovazioni pedagogiche, come riferisce l’anonimo biografo, ma “…si fece spiegare da un ecclesiastico di passaggio la maniera assai comoda ed opportuna per insegnare con facilità ad unire le sillabe e indi formarne e pronunziare l’intero vocabolo, che appunto si è quella che si tiene al presente nelle scuole dei poveri fanciulli, onde essi anche di piccola età in breve tempo apparano il leggere franco, sciolto e corretto.
Considerata e conosciuta la utilità di una tal pratica il nostro abate non tardò punto a abbracciarla. Quindi ordinati e fatti formar più cartelli, ove scritte ed impresse fossero tutte le lettere dell’alfabeto maiuscole e minori, sillabe in diversi modi staccate, e indi i vocaboli da esse formati e composti, e subito si inalberarono nell’oratorio di S.Andrea, ove facevasi da esso lui il caritatevole esercizio di istruire in tal guisa quei poveri colà raccolti fanciulli. Ed intanto ordinò che si stampassero alcune carte e libriccioli ove tutte fossero espresse le diverse sillabazioni. Di tali libriccini fatti imprimere e legare in gran numero ne provvide abbondevolmente quei sacerdoti, o chierici, che applicavansi ad insegnare in tal guisa… “.
Fu quindi il primo editore scolastico genovese e tale sua attività fu pure riconosciuta con apposito decreto dal Senato della Repubblica nel 1771, quando ormai gli alunni delle sue scuole erano diverse migliaia.
Ma il Franzoni si era nel frattempo impegnato anche su altri fronti della didattica. Quale rettore dell’ospedale di Pammatone si era accorto che i Barbeoti – gli studenti di medicina e chirurgia – non avevano possibilità di seria e aggiornata istruzione per mancanza di strumenti e di libri. Come risulta da una serie di lettere inviate nel 1759 all’amico Pier Paolo Celesia, allora ministro della Repubblica di Genova alla corte inglese, egli richiede testi scientifici e sofisticati strumenti di ricerca: “…non so se i nostri studenti di medicina facciano così poco progresso appunto perché non abbiano il comodo dei libri o per altri motivi.
Che se mai avessi indovinata la ragione del loro poco avanzamento, mi accignerei forse a togliere loro un ostacolo che può avere in conseguenza una poca cura alla nostra conservazione… ” e ancora “…vorrei sapere il prezzo ultimo di un buon telescopio di mediocre grandezza… “.
La sua attenzione fu anche per l’aggiornamento dei sacerdoti, per i quali adotterà soluzioni precorritrici dei tempi: per i giovani desiderosi di entrare in Seminario infatti predisporrà corsi di formazione elementare e umanistica, propedeutici ai corsi solitamente tenuti in Seminario. Questa sua iniziativa permetterà anche ai figli del popolo che non potevano permettersi un precettore di adire all’ordinazione sacerdotale.
Per l’aggiornamento dei sacerdoti organizzerà corsi estivi nella sua villa di campagna ove, insieme al riposo, promuoverà l’insegnamento di lingue antiche (greco, ebraico, latino) e moderne (tedesco, francese, inglese) per dar modo a tutti di poter attingere direttamente alle fonti bibliche e patristiche e di poter studiare testi teologici anche stranieri. In quest’ottica si deve anche ricordare la sua intensa attività a favore come diremmo noi oggi – dell’ecumenismo e della socialità. Istituirà momenti di riflessione, dibattito e confronto sulle grandi religioni (sempre presenti in una città marinara come la Superba) e sui problemi dell’attualità: iniziative che gli costarono anche un breve periodo di esilio.
Centro di tutte queste attività la sua biblioteca personale, che come già abbiamo notato, andava continuamente incrementandosi. Biblioteca che l’abate Franzoni apriva al pubblico nel suo stesso palazzo di residenza già nel 1749 (quasi trent’anni prima della sua morte) e che nel giro di pochi anni diventerà famosa per la ricchezza dei materiali bibliografici e per il lungo orario di apertura al pubblico.
Tale biblioteca – poi detta Franzoniana – aperta come da volontà del fondatore Clero populoquesarà la prima pubblica della città.