Valorizzazione e fruizione del cinquecentesco complesso di Villa Doria Pavese a Genova Sampierdarena, in collaborazione con: Università degli Studi di Genova, dAD – Dipartimento Architettura e Design; Università degli Studi di Genova, DIRAAS – Dipartimento di italianistica, romanistica, antichistica, arti e spettacolo; MIBACT – Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo; Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona; École Pratique des Hautes Études – Parigi; Opificio delle Pietre Dure – Firenze.
La Villa. Tra le ville sorte nella seconda metà del Cinquecento a Sampierdarena si registra quella appartenente ad un ramo della famiglia Doria. Il complesso nell’arco di quasi cinque secoli, a differenza di molti altri, ha avuto un unico cambio di proprietà: l’acquisto fatto nel 1764 da parte dell’abate Paolo Gerolamo Franzoni. Questa continuità ha favorito la conservazione integrale della villa per quanto riguarda gli spazi architettonici, mentre l’ampio giardino e soprattutto il bosco, negli anni Trenta del Novecento, con l’apertura del nuovo asse viario – l’attuale via Cantore – subirono nella parte superiore una netta cesura che comportò – nel 1934-1935 – la costruzione di un nuovo corpo architettonico che affaccia sull’arteria.
La Grotta artificiale cinquecentesca. Il matrimonio avvenuto nel febbraio 1594 tra Maria Doria e Camillo Pavese – primogenito della nobile e facoltosa famiglia, il cui padre Nicolò, nel 1576, era stato uno dei primi ad ascriversi nel libro d’oro della nobiltà genovese e dal quale aveva ereditati i due citati feudi, antichi “casali” di Napoli – fu il motivo della costruzione della grotta eretta nel giardino della loro residenza di Sampierdarena voluta e finanziata da Camillo. La grotta fu edificata a partire dal 1594, inserita in una terrazza costituita da un loggiato e dotata di un prospetto a tre fornici. La parte centrale del manufatto è sormontata da una cupola retta da otto pilastri, l’ambiente è reso luminoso dall’eccezionale decorazione polimaterica. Lungo il perimento, un anello d’acqua bagna le pareti ornate a rustico che celano alcune nicchie originariamente predisposte per ospitare delle statue. Visitata nel 1607 da V. Gonzaga, fu poi celebrata nel 1627 per la preziosità dei suoi ornamenti dall’architetto tedesco J. Furttenbach, che definì la grotta “la più nobile ed elegante che si possa vedere in tutta Italia”.
Marco Stucchi, Panoramica a 360° delle Grotte Pavese, Doria e Pallavicino >>
Studi e restauri
- IL PROGETTO DI RESTAURO PER GROTTA PAVESE A GENOVA: UN’OCCASIONE DI SPERIMENTAZIONE DI MATERIALI E METODOLOGIE INNOVATIVE – Grotta Pavese al Salone Internazionale del Restauro di Ferrara, 16 maggio 2024
A cura della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Interventi:
Cristina Bartolini, Soprintendente, Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia
Emanuela Daffra, Soprintendente, Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Carla Arcolao, Funzionario architetto, Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia
Federica Cappelli, Tecnico restauratore settore mosaico e commesso in pietre dure, Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Angelita Mairani, Tecnico chimico del Laboratorio di Restauro e Diagnostica, Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia
Anna Patera, Funzionario archeologo, Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Con un finanziamento MiC assegnato alla Soprintendenza genovese, è stato condotto, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, un cantiere pilota di diagnostica e restauro, occasione per la sperimentazione di materiali e metodologie innovative.
Divulgazione e fruizione